Il tour di Michele Zarrillo arriva al teatro Ventidio Basso di Ascoli l’8 maggio: «Come una giostra musicale»

Il tour di Michele Zarrillo arriva al teatro Ventidio Basso di Ascoli l’8 maggio
Il tour di Michele Zarrillo arriva al teatro Ventidio Basso di Ascoli l’8 maggio
di Chiara Morini
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Sabato 27 Aprile 2024, 02:00 - Ultimo aggiornamento: 11:21
Trent’anni e non sentirli: tanti ne sono passati dall’uscita, nel febbraio 1994, del singolo “Cinque giorni”. Michele Zarrillo lo presentò al festival di Sanremo di quell’anno e oggi, in occasione del 30esimo anniversario, Zarrillo gira l’Italia con il “Cinque giorni da 30 anni” tour. La tournèe farà tappa al teatro Ventidio Basso di Ascoli Piceno, il prossimo 8 maggio alle 21.
Michele Zarrillo, come sono stati questi primi 30 anni di “Cinque giorni”?
«Da quando è uscito, il brano non ha mai smesso di piacere e ai miei concerti il pubblico è eterogeneo: si va da coloro che l’hanno conosciuto allora fino ai più giovani. Anche i giovanissimi che, dopo che sono stato ospite a Sanremo, l’anno scorso, mi hanno fatto diventare virale su Tik tok, per un paio di mesi. Comunque il disco che mi rappresenta di più è “L’amore vuole amore”, dove c’era di nuovo Una rosa blu. Ed è lì che anche le nuove generazioni hanno conosciuto quest’altro brano». 
Baudo fu convinto dall’inizio della riuscita di “Cinque giorni” e da trent’anni tutti lo adorano. Come lo spiega?
«Oggi tutti cantano l’amore, anche gli underground. Allora, negli anni ‘90 decisamente meno. C’era un po’ di timore dopo “Strade di Roma” del 1992. La musica di “Cinque giorni” l’avevo composta nel 1989; arrivati nel ‘94 il produttore disse che “era troppo bella” e al provino di Sanremo fece sentire “Il sopravvento”. Baudo disse che, per quanto bella, però non sembravo io. Allora i promotori tirarono fuori la cassetta con “Cinque giorni” e dissero “c’è questa Zarrillata”. Baudo impazzì e disse che avrei fatto Sanremo se avessi portato quella canzone. E il resto è storia».
Al festival il brano ebbe un bel successo, al di là del 5 posto.
«Dopo l’esecuzione nella prima serata mi chiamarono come ospite in un locale e mi chiesero poi di cantarla a braccio e la maggioranza del pubblico già la conosceva. Da lì capii il successo che avrebbe avuto».
É difficile riassumere 40 anni di carriera e 16 album? Quali brani non possono mancare?
«L’elefante e la farfalla, La notte dei pensieri, L’alfabeto degli amanti, Una rosa Blu, Cinque giorni. La scaletta non è mai scontata, combino qualcosa di latino o pop jazz a brani eseguiti solo con la chitarra acustica e un violino e il concerto vive momenti davvero intimi. C’è un po’ di tutto, addirittura a Crema, dopo la data 0 del tour, un ragazzo mi ha detto: “ci sono 15 generi in questo concerto”. Non saranno proprio 15 generi, ma il concerto sarà una bella e accattivante giostra musicale».
Ricordi dei 13 Sanremo?
«Ho avuto la fortuna di esserci anche negli ultimi. Tanti bei ricordi, compreso quando mi hanno chiamato come ospite e ho cantato alle due di notte, 15 minuti prima dell’annuncio della vittoria dei Maneskin».
La musica oggi?
«Io ho vissuto gli anni ‘70, vengo dal rock progressive, non mi stupisco di nulla. Quello che un po’ mi preoccupa è che la musica si caratterizzi con i tormentoni. Manca la centralità dell’uomo e un artista come Dalla, Battiato, uno di quelli che ti danno una botta emozionale forte. Questo inizia a mancarmi, uomini come loro che hanno fatto opere d’arte».
E per i prossimi 40 anni?
« Vado avanti con l’illusione che cambi qualcosa, quando sei sul palco e canti l’amore va tutto bene. Vedremo». 
 
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