Le Marche al Vinitaly: «Il 2023 un anno disastroso ma il nostro vino è di qualità»

Gli imprenditori delle cantine marchigiane presenti al Vinitaly: «Il 2023 un anno disastroso ma il nostro vino è di qualità. A Verona lo dimostreremo»
Gli imprenditori delle cantine marchigiane presenti al Vinitaly: «Il 2023 un anno disastroso ma il nostro vino è di qualità. A Verona lo dimostreremo»
di Chiara Morini
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Domenica 14 Aprile 2024, 02:35 - Ultimo aggiornamento: 15 Aprile, 07:01

ANCONA Dalle Marche verso il mondo: la nostra regione, con circa 11mila aziende che coltivano in totale quasi 18mila ettari di vigneti, sbarca a Verona. Piccola regione, ma tanto vino buono che è pronto a deliziare i palati dei visitatori del Vinitaly. La kermesse dà oggi il via alle danze e le Marche saranno presenti con 107 cantine, delle quali 49 nella collettiva organizzata dalla Regione. Le statistiche dell’ultimo quadriennio parlano di oltre 880mila ettolitri prodotti, ma peronospora e cambiamenti climatici nel 2023 hanno causato una flessione nella produzione vinicola, che ha superato di poco i 518mila ettolitri.


Le criticità

Flessione anche nell’export che, dopo il +24,9% da record del 2022 ha visto, nel 2023, un -11,5%. Usa, Germania, Svezia e Svizzera sono i principali mercati. Ma quello dei viticoltori non è un comparto che si lascia abbattere. «Lo spirito con cui andiamo a Verona – commenta il presidente dell’Istituto di tutela vini marchigiani Alberto Mazzoni – è fortemente positivo.

Il 2023 ha tirato un po’ il freno a mano dopo il boom del 2022. Sono iniziate guerre nel mondo, tutto si è un po’ paralizzato». I problemi internazionali non aiutano, soprattutto per quanto riguarda la fiducia dei consumatori. Ma Mazzoni cerca l’ottimismo tra le pieghe delle criticità: «Il cibo è cultura e noi ne abbiamo da vendere, dovremmo promuoverci tutti sotto il brand Marche, un unico ombrello». Tante aspettative dal Vinitaly anche per Angela Velenosi dell’omonima azienda vitivinicola di Ascoli Piceno: «Abbiamo prospettive buone, Verona è la fiera di riferimento per l’Italia, ma anche per tutto il resto del mondo, siamo pronti ad accogliere i clienti esteri e italiani». Quanto a questo primo accenno dell’anno, «il primo trimestre del 2024 – prosegue Velenosi – non brilla, ma noi siamo pronti. Arriviamo da un 2023 difficile (anche per i rincari) che seguiva un 2022 davvero molto brillante». Attualmente il settore più in difficoltà è quello della distribuzione organizzata in Italia, spiega l’imprenditrice, mentre l’estero è in ripresa, «ma ancora subiamo la situazione in Ucraina e Bielorussia, che per noi sono importanti, così come Taiwan. Segnali buoni ne abbiamo dalla Cina, incrociamo le dita». Nel bouquet dei mastri del vino pronti a partire alla volta di Verona c’è anche Stefano Antonucci, della Cantina Santa Barbara di Barbara. L’entusiasmo, il suo marchio di fabbrica: «Abbiamo grandi aspettative, il Vinitaly ci ha sempre dato molto. Il nostro Verdicchio sta diventando importante, sono contento per questo. Il mondo è duttile, però va sempre bene e io continuo a fare quello che ho fatto finora: promuovere le Marche con il nostro Verdicchio». 

La scommessa

L’enologia (e la gastronomia) è uno dei punti di forza per la nostra regione. Ne è convinto Michele Bernetti di Umani Ronchi di Osimo: «Dobbiamo concentrarci su queste cose positive, la cucina italiana nel mondo ci aiuta, ci sono molte fasce di mercato da esplorare e riscoprire. Bisogna fare promozione: i fattori turismo ed enoturismo sono importanti». Rovescia l’equazione: «Il settore si trova in una situazione di impasse. Dopo molta flessione, partiamo con un po’ di stabilità in più, ma le nuvole grigie oscurano il cielo di mercati come Asia, Germania, Paesi scandinavi e Nord europei che rallentano». Tra i fattori di stallo anche il calo dei consumi tra i più giovani, «da capire se occasionale o strutturale». Scommette sul “poco ma buono” Carla Fiorini dell’azienda agraria Fiorini, di Terre Roveresche: «A Verona presentiamo vini frutto di un’annata complicata per la quantità. Abbiamo preferito avere meno, ma garantire l’elevata qualità. Rileviamo un calo di consumi fino ai 30 anni: i giovani non bevono vino, preferiscono i cocktail. La tendenza mostra preferenza verso minori gradazioni e forse si andrà verso una riduzione dell’alcolicità. I rossi si bevono meno dei bianchi, le bollicine fanno concorrenza». Quello che cambia è lo stile della bevuta. «E poi, noi che facciamo biologico e produciamo tutto internamente è difficile trovare manodopera. Forse affidare la formazione alle aziende aiuterebbe». Intanto la Regione ha stanziato 22,74 milioni tra il 2020-21 e il 2023-24 come sostegni al settore. Basterà? Ai posteri l’ardua sentenza.

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